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Aborto, 46 anni dopo. Sempre meno, sempre divisi - di Livia Zancaner
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Il 22 maggio 1978, 46 anni fa, veniva pubblicata in Gazzetta Ufficiale la legge 194 che detta "norme per la tutela sociale della maternità e sull'interruzione volontaria della gravidanza". Da allora gli aborti volontari in Italia sono diminuiti dai quasi 235 mila del 1982 (anno record) ai 63.600 mila del 2021, con più di 6 ginecologi su 10 obiettori di coscienza. In questo contesto è stato approvato il decreto che sancisce il possibile coinvolgimento da parte delle regioni delle associazioni pro vita e anti abortiste nei consultori, a cui si rivolgono le donne che intendono abortire. Alessandra Kustermann, ex primaria di ginecologia della clinica Mangiagalli di Milano, racconta di aver convissuto per più di 30 anni con i centri di aiuto alla vita e di aver raggiunto con loro un compromesso: i centri non possono svolgere attività sanitaria ed entrare in contatto con la donna nel momento della scelta. "Dovremmo essere sicuri che i consultori pubblici siano in grado di mettere gli stessi paletti: far sentire il battito del cuore del bambino in ecografia o far vedere i movimento del feto a una donna che ha già deciso di abortire è violenza", sottolinea Kustermann.
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Il 22 maggio 1978, 46 anni fa, veniva pubblicata in Gazzetta Ufficiale la legge 194 che detta "norme per la tutela sociale della maternità e sull'interruzione volontaria della gravidanza". Da allora gli aborti volontari in Italia sono diminuiti dai quasi 235 mila del 1982 (anno record) ai 63.600 mila del 2021, con più di 6 ginecologi su 10 obiettori di coscienza. In questo contesto è stato approvato il decreto che sancisce il possibile coinvolgimento da parte delle regioni delle associazioni pro vita e anti abortiste nei consultori, a cui si rivolgono le donne che intendono abortire. Alessandra Kustermann, ex primaria di ginecologia della clinica Mangiagalli di Milano, racconta di aver convissuto per più di 30 anni con i centri di aiuto alla vita e di aver raggiunto con loro un compromesso: i centri non possono svolgere attività sanitaria ed entrare in contatto con la donna nel momento della scelta. "Dovremmo essere sicuri che i consultori pubblici siano in grado di mettere gli stessi paletti: far sentire il battito del cuore del bambino in ecografia o far vedere i movimento del feto a una donna che ha già deciso di abortire è violenza", sottolinea Kustermann.
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