MANIFESTAZIONI CONTRO IL GOVERNO SERBO, TAJANI IN KOSOVO E NOVITÀ DALLA BOSNIA: L’INTERVISTA A MASSIMO MORATTI
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Domenica 22 dicembre migliaia di persone, in maggioranza studenti e agricoltori, hanno nuovamente manifestato nel centro di Belgrado per chiedere al governo l’individuazione e la punizione dei responsabili del crollo alla stazione di Novi Sad, che il primo novembre scorso ha causato la morte di 15 persone. Da settimane gli studenti universitari bloccano l’attività didattica in varie facoltà della capitale e di altre città della Serbia quali Novi Sad, Nis, Kragujevac. Agli studenti si sono unite varie associazioni di agricoltori, anch’essi insoddisfatti della politica del governo verso il loro settore. Secondo dati della polizia, alla manifestazione, conclusasi in serata, hanno partecipato tra 28 mila e 29 mila persone. In realtà erano molte di più.
Nella giornata del 23 dicembre, il ministro degli Esteri e vice primo ministro italiano Antonio Tajani si è recato a Pristina, in Kosovo, per una visita al contingente italiano della missione Kosovo for della Nato e alla missione Eulex di Unione Europea. Oltre ad aver incontrato i militari italiani presenti sul territorio per gli auguri di natale, Tajani ha riportato di aver incontrato lo scorso giovedì a Bruxelles il Presidente Alexandar Vučić e di aver insistito sulla necessità di arrivare a una soluzione del problema tra Serbia e Kosovo. La Serbia non riconosce l’indipendenza proclamata il 17 febbraio 2008 dal Kosovo, che considera ancora parte integrante del territorio serbo, provincia meridionale a maggioranza albanese.
Sempre dalla visita in Kosovo, Tajani ha dichiarato che “L’Italia vuole essere protagonista nei Balcani, stiamo lavorando perché si accelerino anche i tempi di riunificazione dei Balcani occidentali all’Unione Europea”. Sempre dall’incontro con Tajani a Bruxelles, anche Vučić si è detto “particolarmente grato per il continuo appoggio dell’Italia al futuro europeo della Serbia e della regione dei Balcani occidentali. Ho ribadito l’importanza di proseguire tale processo”. Anche il cancelliere austriaco Karl Nehammer ha sostenuto la scorsa settimana che “Negli ultimi dieci anni la Serbia ha compiuto importanti progressi nel processo di adesione all’Ue. Tuttavia di adesione della Serbia all’UE si parla da anni. Belgrado ha ottenuto lo status di paese candidato all’adesione all’Ue nel marzo 2012.
In Bosnia-Herzegovina invece, il leader serbo-bosniaco Milorad Dodik, che è presidente della Republika Srpska, l’entità a maggioranza serba della Bosnia-Erzegovina, è il politico ad essere stato più sanzionato nei Balcani occidentali, e l’unico nella regione a essere stato colpito per due volte da sanzioni finanziarie da parte degli Stati Uniti. E’ quanto è emerso da un rapporto pubblicato dall’Iniziativa globale contro la criminalità organizzata transnazionale. Le sanzioni non solo degli Stati Uniti ma anche della Gran Bretagna hanno fortemente limitato in particolare l’accesso alle operazioni finanziarie di Dodik, dei suoi due figli Igor e Gorica, di diversi suoi collaboratori e di 12 società a lui associate, oltre che di altri esponenti del mondo politico ed economico della regione. Nel rapporto si indica al tempo stesso che in molti casi le sanzioni hanno il risultato di esaltare la resistenza all’Occidente e di aumentare la visibilità e la popolarità di coloro che vengono colpiti, piuttosto che di isolarli. In particolare in Serbia e Republika Srpska, persone sanzionate sono state nominate a posizioni di rilievo nelle istituzioni statali, sollevando dubbi e preoccupazioni sull’efficacia di tali misure punitive in realtà politicamente complesse.
Infine sempre per quanto riguarda i leader bosniaci, è stato segnalato il precario lo stato di salute di Ratko Mladic, il generale ex capo militare dei serbi di Bosnia durante il conflitto armato del 1992-1995, ricoverato dallo scorso aprile nell’ospedale del carcere di Scheveningen, alle porte dell’Aja, in Olanda, dove sta scontando una condanna all’ergastolo per crimini di guerra e contro l’umanità. Come ha detto il figlio Darko, citato dai media a Belgrado, Mladic è molto debole e non in grado di camminare. “Non ci sono cambiamenti nè in meglio nè in peggio. Resta a letto o si muove in carrozzina, è in grado di comunicare, ma è estremamente debole e non si regge in piedi”, ha detto Darko Mladic. A suo dire, all’Aja non sono in grado di assicurare al padre adeguate cure di riabilitazione per consentirgli di tornare a camminare regolarmente. Inoltre, ha aggiunto, non è chiaro se al padre viene garantita la giusta terapia. Per tale critica situazione, i familiari e i legali di Ratko Mladic a più riprese hanno chiesto che possa essere curato in Serbia in condizioni di libertà, richieste che sono state sempre respinte. Il suo stato di salute è precrario da tempo e a più riprtese ha accusati crisi e seri problemi compresi ictus cerebrali, cardiopatie, difficoltà respiratorie, suvendo anche interventi chirurgici, l’ultimo l’8 gennaio scorso quando in un ospedale olandese gli è stato impiantato un pacemaker. Ratko Mladic, al pari di Radovan Karadzic, il capo politico dei serbo-bosniaci, sconta l’ergastolo per i crimini nel conflitto armato in Bosnia, a cominciare dal genocidio di Srebrenica e dall’assedio di Sarajevo.
L’intervista a Massimo Moratti, corrispondente dalla capitale della Serbia, Belgrado, per Osservatorio Balcani Caucaso. Ascolta o scarica
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