In 4 minuti la redazione di The Vision vi racconterà cosa dovete sapere per iniziare la giornata. Ogni mattina, dal lunedì al venerdì, alle 6:30. Illustrazione: Alessandro De Vecchi
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Le lezioni di cul de sac di Renzi a Meloni
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“Sul referendum costituzionale ho dato dei consigli a Giorgia Meloni. Del resto credo di essere un esperto della materia. La Meloni se perde dovrà dimettersi, che voglia o non voglia”. Con la presidente del Consiglio in evidente difficoltà su quella che doveva essere la “madre di tutte le riforme” e invece è già diventata ordinaria amministrazione da cui prendere le distanze, si butta il fuoriclasse di schianto contro il referendum Matteo Renzi, ex presidente del Consiglio che avrebbe dovuto abbandonare la politica e poi è passato dal governo Conte al governo Draghi fino all’alleanza con Calenda, poi a quella con Bonino e ora candidato alle elezioni europee.
Sulla questione il senatore fiorentino ha fiuto e annusa sornione la tardiva presa di distanze di Meloni braccata, come spesso le accade, dalle sue stesse dichiarazioni trionfanti.
Renzi però omette qualche piccolo particolare: in conferenza stampa dopo le dimissioni disse che non “ci sarebbe stata nessuna fuga” ma sarebbe rimasto “militante tra i militanti” nel Partito democratico e alla fine ha fondato un piccolo partito personale di quelli che disprezzava da segretario del Pd. Renzi promise di lasciare la politica e invece ci è rimasto con altalenante coerenza alle sue posizioni. Renzi promise di rispettare l’opinione degli italiani e invece ha costruito la seconda fase della sua carriera politica sugli attacchi a coloro che hanno votato - secondo lui - in modo sbagliato.
La lezione che Renzi può impartire a Meloni quindi non è sulle dimissioni da premier, scontate in caso di bocciatura del referendum. Al massimo può insegnare alla premier come perdurare in un cul de sac. E di questa lezione il Paese ne farebbe volentieri a meno.
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Renzi però omette qualche piccolo particolare: in conferenza stampa dopo le dimissioni disse che non “ci sarebbe stata nessuna fuga” ma sarebbe rimasto “militante tra i militanti” nel Partito democratico e alla fine ha fondato un piccolo partito personale di quelli che disprezzava da segretario del Pd. Renzi promise di lasciare la politica e invece ci è rimasto con altalenante coerenza alle sue posizioni. Renzi promise di rispettare l’opinione degli italiani e invece ha costruito la seconda fase della sua carriera politica sugli attacchi a coloro che hanno votato - secondo lui - in modo sbagliato.
La lezione che Renzi può impartire a Meloni quindi non è sulle dimissioni da premier, scontate in caso di bocciatura del referendum. Al massimo può insegnare alla premier come perdurare in un cul de sac. E di questa lezione il Paese ne farebbe volentieri a meno.
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Sulla questione il senatore fiorentino ha fiuto e annusa sornione la tardiva presa di distanze di Meloni braccata, come spesso le accade, dalle sue stesse dichiarazioni trionfanti.
Renzi però omette qualche piccolo particolare: in conferenza stampa dopo le dimissioni disse che non “ci sarebbe stata nessuna fuga” ma sarebbe rimasto “militante tra i militanti” nel Partito democratico e alla fine ha fondato un piccolo partito personale di quelli che disprezzava da segretario del Pd. Renzi promise di lasciare la politica e invece ci è rimasto con altalenante coerenza alle sue posizioni. Renzi promise di rispettare l’opinione degli italiani e invece ha costruito la seconda fase della sua carriera politica sugli attacchi a coloro che hanno votato - secondo lui - in modo sbagliato.
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